30 luglio 2007


Il ruolo dei genitori

Ogni giorno vengono alla luce migliaia a di bambini. Razze, etnie e DNA si mescolano dando vita al miracolo più bello della natura. L'unione di un uomo e una donna, il frutto dell'amore prende vita e riempie il cuore dei genitori. Viviamo in un periodo storico particolare, siamo consapevoli dei rischi che la società presenta, consapevoli che avere un figlio oggi è più difficile. Spesso manca il denaro per pianificare una vita serena, spesso il nostro egoismo ci spinge all'intransigenza e alla selettività estrema. Siamo inconsapevoli vittime di un mondo che ci vuole perfetti, ci vuole belli e sani, ci vuole tutti uguali. Il lavoro precario aiuta le famiglie a temporeggiare, spinge in avanti il periodo in cui pensiamo seriamente ad avere figli. Troppi problemi affliggono la mente, troppi vincoli ai quali non abbiamo risposte, assillano le nostre giornate. L'età delle giovani madri cresce anno dopo anno, sempre più si aspetta qualcosa di migliore, che tuttavia sembra non arrivare mai. Siamo imbottigliati in stereotipi comuni che impegnano il nostro pensiero critico in scatole parlanti, anestetizzano le nostre menti privandoci del senso comune del bene e del male. Ci ritroviamo dopo mille problemi con un figlio. Abbiamo paura di tutto, tutto ciò che potrebbe capitare a questa giovane vita. Lo imbottiamo di medicinali, di vaccini preventivi, di ogni tipo di alimento che i pessimi pediatri ci consigliano di adottare. Siamo preoccupati della salute dei nostri figli, ma non siamo veramente consapevoli dei reali rischi che corrono.

Lentamente i bambini crescono, diventano giovani adolescenti, piccoli uomini e piccole donne alle prese con un sistema bacato, ricco di arrivisti, ricco di ambizioni sfrenate per il denaro e il potere. Il loro spirito si indebolisce, si affievolisce come una candela fioca al vento. Ci preoccupiamo che frequentino le giuste persone, le giuste compagnie, che stiano lontano dalla droga e dall'alcool, nonostante spesso i veri rischi sono in casa. Ci preoccupiamo del colore degli amici, di quello vestito strano, di quello con i capelli lunghi o quello con i capelli troppo corti. Non riusciamo a vedere bene il punto del problema. Siamo incapaci di avere un dialogo vero e sincero, difficilmente chiediamo ai nostri figli quali sono le proprie aspirazioni, le proprie idee e i propri sogni. Vogliamo solo che diventi medico, notaio, dentista o manager, che trovi una buona moglie o un buon marito. Non ci preoccupiamo della loro alimentazione. Ci preoccupiamo di uno spinello e nello stesso tempo lasciamo che ingurgitino big-mac e altre schifezze.

Ci preoccupiamo degli amici e poi siamo proprio noi a dare il cattivo esempio disprezzando tutti coloro che sono diversi da noi. Ci preoccupiamo della loro salute, ma siamo pronti a riempirli di farmaci ad ogni sintomo. Siamo vittime di medici corrotti al soldo delle multinazionali, che mirano alla malattia di massa per trarre sempre più profitto. Controlliamo che non bevano alcolici e poi noi stessi beviamo litri di vino a tavola, consapevoli che nessuno ci fermerà per controllare il nostro tasso alcolico. Nessun poliziotto fermerebbe un cinquantenne dopo una sera in pizzeria o al ristorante. Siamo pronti a colpevolizzarli, a riversare ogni nostro fallimento, ogni nostra aspettativa sulle loro fragili spalle. Siamo solo lo specchio di una società incapace di comunicare e discernere la verità. Una verità che va scoperta e ricercata insieme, parlando e confrontandosi, mettendo al centro del rapporto la fiducia e l'amore.

I nostri figli sono nati per imparare e diventare persone migliori di noi, con il nostro aiuto, con un aiuto sincero e profondo. Basta criticare, basta additare le loro sciocchezze, basta imbottirli di Ritalin e sbatterli davanti alla TV, solo perché non abbiamo tempo. Parliamo con loro, entriamo nel loro mondo allo stesso livello, non come genitori ma come persone che vogliono rispettarli. L'intera umanità sta compiendo un viaggio verso un nuovo modo di concepire la vita. Fra qualche anno sui banchi di scuola si studierà l'anatomia e l'anatomia sottile, si studierà la mente come strumento per realizzare i nostri sogni e forse un giorno ci renderemo conto che tutto quello che qualcuno ci consiglia come buono è molto dannoso per la nostra salute.

Dobbiamo essere consapevoli delle nostre capacità e le nostre attitudini a trovare il buono, per salvare la vita dei nostri figli, per toglierli dagli artigli di medici, psichiatri, professori frustrati e tutti quelli che vorranno avere il sopravvento. Un figlio forte è un uomo forte, un uomo che potrà cambiare il mondo e spazzare via le nubi chimiche che offuscano le menti.

26 luglio 2007


Piango

Apro gli occhi di colpo, osservo il soffitto. Non riesco a mettere a fuoco, il sudore freddo mi fa rabbrividire. Resto immobile. Ascolto. Immobile percepisco i rumori. Sembra una volante, sembra una sirena. Qualcuno sta controllando la strada, sento bambini che urlano in casa, non posso uscire. Li fuori ci sono i megafoni che comunicano le istruzioni. Non posso uscire di casa. Non posso leggere, leggere è vietato. Non posso avere abiti colorati, i colori favoriscono un modificato stato di umore. Sono fermo. Osservo la mia stanza, bianca, inodore. Non posso aprire le finestre, non posso parlare con i vicini. Aspetto la camionetta nera che mi porterà a lavoro. Non posso parlare con nessuno durante il tragitto. Non posso toccare nessuno. Indosso una divisa grigia, indosso occhiali neri. Non posso avere capelli lunghi. Arrivo a lavoro. Sono solo. Devo eseguire procedure davanti ad un monitor. Oggi il pranzo è scarso, solo 3 pillole nere. Dovrò aspettare sera per averne altre 4. Non posso ammalarmi, la malattia non mi consente di lavorare. Devo produrre. Devo lavorare. Non posso pensare, non posso muovermi. Passano 8 ore. Torno a casa con la camionetta. La mia famiglia è su sedie nere, immobile. Li vedo assenti, come morti viventi. Nessuna espressione, nessuna emozione. Attendo uno sguardo. Nessuno sguardo. Mi siedo, non posso uscire. Non posso leggere, non posso scrivere, scrivere è vietato dalla legge. Prendo le mie pillole, torno in camera, mi stendo, guardo il soffitto. Tutto è uguale a prima. Domani devo presentarmi scortato alla visita di controllo. Prenderò il farmaco per non ammalare, il farmaco per non avere fame, il farmaco per non ricordare, il farmaco per non sentire il dolore, il farmaco per non pensare, il farmaco per non morire. Devo andare alla visita, altrimenti perderò il lavoro. Non ho stipendio. Devo lavorare per non essere incarcerato. Guardo il soffitto. Cerco di immaginare il cielo. Non vedo il cielo da anni, non vedo un tramonto, non vedo un albero.

Immagino e piango. Piango. Piango. Piango. Mio figlio strilla, vuole giocare. Giocare fuori casa è proibito. Gli altoparlanti in strada comunicano la fine della giornata. Ora non si può parlare. Guardo il soffitto. Prego di morire. Prego di morire presto, ma non posso. Morire prima di novanta anni è reato. Il governo mondiale mi ha dato una casa, un lavoro, una famiglia, una assistenza sanitaria. Non ho bisogno di nulla. Vomito. Piango. Piango. Piango. Piango. Piango. Mi addormento.

Mi sveglio sudato, era solo un brutto sogno.
O forse no?

22 luglio 2007


La Qabbalah


La teorizzazione completa della Qabbalah, o Cabala, ebraica fu assai più complessa di quanto si possa pensare e si sviluppò compiutamente nel corso di almeno due secoli a partire dal 1100. Si trattò di un complesso lavoro di elaborazione ed esegesi basato sullo studio di due testi fondamentali del passato. Il Sepher Yetzirah e lo Zohar e sulla loro attualizzazione.

Il Sepher Yetzirah, o Libro della Creazione, per lungo tempo creduto composto da un certo Akiba, un rabbino del II secolo, venne redatto almeno quattrocento anni dopo. Anche se piuttosto breve, lo scritto è ricco di suggestioni e carico di riferimenti esoterici e la sua struttura sapienzale mira a tracciare la strada al neofita che voglia comprendere il mistero della Merkaba, o Visione del Trono: ciò è possibile solo dopo aver approfondito la conoscenza dei trentadue sentieri misteriosi della Sapienza, grazie ai quali Dio ha compiuto la creazione. Di fatto si tratta di una metafora della Conoscenza, visto che tali percorsi simboleggiano null'altro che le ventidue lettere dell'alfabeto ebraico più i dieci numeri di base, detti Sefiroth.

Poprio la volontà di scoprire il senso nascosto di questo testo diede origine a molte sette a partire dal XII secolo. La più nota è probabilmente quella quella fondata da "Giuda il Pio" che battezzò il proprio gruppo Hassidim, con riferimento a un misterioso gruppo di iniziati a cui si fa riferimento anche nella Bibbia e dal quale sarebbe poi nato il movimento "farisaico" (quello che più di tutti voleva uccidere Cristo). Essi erano anche conosciuti come i Pii di Germania, perché fu proprio qui che questa complessa filosofia conobbe la più ampia diffusione. Il loro credo, se da un canto mirava alla promozione della persona come piccolo universo, dall'altro l'assoggettava a un rigido servizio che l'aderente alla setta doveva prestare a chiunque, a partire, ovviamente dai più poveri. In questo modo la Shekkinah, ovvero la presenza di Dio tra gli uomini si concretizzava anche grazie all'opera dell'uomo.

Una lettura completamente differente venne, invece, a partire dai primi anni del 1200 a opera di Ezra Salomon e, soprattutto, dal suo allievo ed erede spirituale, Mose' Nachman. Questi due rabbini, originari di Gerona in Spagna, promossero una nuova visione della Yetzirah che avrebbe influenzato sostanzialmente l'interpretazione successiva. Essi, infatti, vollero scorgervi non più e non solo, la manifestazione presente o futura di Dio e si preoccuparono soprattutto di trovarvi una via verso la Conoscenza. Il Sapere, dunque, diveniva il vero mezzo di affrancamento dell'uomo, grazie alla rivelazione divina: una posizione che avrebbe condotto, di lì a pochi decenni, alla redazione dello Zohar.

E' interessante notare che nessuna di queste sette, però, colse a fondo gli evidenti riferimenti a una nuova Creazione contenuti nella Yetzirah: si trattava di un messaggio di rinnovamento non solo interiore che si sarebbe presto manifestato, il quale apparentemente non venne raccolto.

Discorso differente per lo Zohar che, stravolgendo l'interpretazione dei dieci Sefiroth non più intesi come elementi legati alla cosmologia, ma piuttosto simili ai dieci "passi" da percorrere per arrivare a una nuova gnosi, propose una visione secondo la quale il compimento del Regno su questa Terra finiva per essere già una concreta manifestazione del Trascendente.
Lo scritto fu attribuito al rabbino Simeone Bar Yoshai, vissuto intorno al II secolo dopo Cristo, venne in realtà redatto da Mosè de Leon, vissuto nella seconda metà del XIII secolo.

Punto nodale del libro è la Manifestazione del "Misterioso tra i Misteriosi", un'Entità superiore immateriale che, decidendo di manifestarsi, produce il primo pensiero da cui scaturisce l'inizio di ogni cosa nei cieli e sulla terra. Questo primordiale pensiero, secondo il testo si chiama Mi, e diviene origine di tutto il Creato e l'Increato. A sua volta Mi crea Elch, e insieme raggiungono la perfezione e l'equilibrio, divenendo Elohim, l'appellativo con cui gli ebrei ancora oggi identificano il Signore Iddio.

Questo complesso rapporto tra elementi creati e non creati si inserisce l'interpretazione delle 10 Sephiroth identificate come differenti manifestazioni dell'unico Elhoim e che rappresentano la sua regalità sapienza giustizia amore presenza sino alla decima e ultima Sephiroth che rappresenta il Regno Avvenire (Malkuth) in cui tutto si compirà. E non tragga in inganno l'apparente similitudine tra le altre che l'anno preceduta e l'interpretazione Zoharista delle Sephiroth: la differenza fondamentale sta proprio nel voler correlare strettamente queste ultime con una visione messianica in cui il Malkhuth diviene una manifestazione stessa della divinità.

Secondo questa visione Mosè de Leon creò una struttura esoterica che divenne centrale per tutta l'interpretazione cabalistica che ebbe origine a cominciare da lui stesso. Non stupisce allora la nascita di diverse sette che nelle pieghe della cabala trovarono la giustificazione ai propri movimenti di stampo esoterico. Il compimento del regno finiva allora per coincidere con la venuta di un nuovo Adamo che tornava per ristabilire gli equilibri che la cacciata dall'eden aveva irrimedibilmente compromesso. Ecco quindi l'attenzione spasmodica e in alcuni casi quasi fanatica che molti di questi movimenti dedicavano all'interpretazione di segni più o meno misteriosi che a loro giudizio si manifestavano in questo mondo, scorgendo in essi segnali evidenti dell'approssimarsi del Malkhuth (il Regno), alla cui pienezza gli adepti avrebbero partecipato a scapito di coloro che vivevano scelleratamente la propria esistenza.

Alcuni di questi movimenti finirono in tal modo per trasformarsi in vere e proprie società segrete, nelle quali venivano accolti pochi eletti che sarebbero stati i primi a godere della pienezza del regno, quando questo si fosse manifestato. A giudizio dei fondatori solo coloro che si fossero opportunamente preparati con una vita di ascesi e sacrifici a questo evento avrebbero potuto parteciparvi. Naque in tal modo un misterioso sottobosco di gruppi e sette che, pur continuando a rimanere legati alla tradizione ebraica, si strutturarono autonomamente. Da questa base religiosa naque infatti anche una rete di contatti che promosse la reciproca solidarietà tra i propri membri, basata sull'appartenenza ad un movimento.

Secondo alcuni storici tale fenomeno finì per influenzare addirittura l'emigrazione e l'insediamento di alcune delle più note famiglie ebraiche verso il nord europa ove posero grazie a questa misteriosa ragnatela di complicità, le basi per il proprio successo economico.
B O J S