31 agosto 2008


Ricordare

La nostra nascita segna inevitabilmente l’inizio di una nuova vita terrena. Chi crede nell’anima, può facilmente comprendere come la nostra esistenza sia solo il risultato di molte prove ed esperienze vissute in tempi passati. Il nostro cervello è strutturato in modo perfetto, ha facoltà strabilianti che ci consentono di compiere veri e propri miracoli. La mente è una conseguenza di queste facoltà, la capacità di essere superiori ad ogni altro essere vivente, di essere il ponte fra cielo e terra. La nostra anima, il nostro Se, sono incarnati nel nostro corpo fisico e portano avanti un percorso che dura da molto tempo. In genere ricordiamo avvenimenti della nostra vita molto significativi, spesso un’immagine ci porta indietro nel tempo, è lo spunto per ricostruire un’emozione, trasforma le nostre percezioni rivivendo per alcuni attimi la stessa esperienza.

Difficile ricordare i nostri primissimi anni di vita, il nostro essere è ancora alle prese con la sua formazione animica, ancora siamo a metà fra due mondi sensibili differenti. Guardando un bambino piccolo, si percepisce lo sguardo trasognato di chi ancora non è presente totalmente alla vita terrena, nei suoi occhi si percepisce ancora quella beatitudine che sembra non essere di questo mondo. Osservandolo in silenzio, sembra si muova con logiche a noi estranee, sembra sorridere a qualcuno che non è presente fra noi, sembra vedere e sentire qualcosa che noi nemmeno percepiamo. Col trascorrere degli anni anche il bambino perde questa facoltà per privilegiare il pensiero razionale, la scuola insegna che la ragione è l’unica arma vincente per vivere e guadagnare da vivere. Si perde a poco a poco la facoltà di ricordare, ricordare chi siamo e cosa abbiamo rappresentato in vite precedenti. Diventiamo precisi calcolatori, attori su un palcoscenico studiato e costruito per la materia, dove non c’è spazio per altro, dove è difficile essere se stessi, perché questo significa estraniarsi dalla massa, significa non conformarsi a nessuno, significa essere soli e sfiduciati.

Tuttavia da quella solitudine può nascere una nuova flebile luce che illumina il nostro cuore, una fiamma che a poco a poco comincia ad ardere nel profondo, rendendo visibile le nostre azioni senza bisogno di parlare o spiegare. Una vita improntata al sentire, percepire e ricordare la nostra funzione di esseri pensanti, le nostre capacità percettive superiori, che la società vuole insabbiare per mantenerci in schiavitù. Questo ricongiungersi con la nostra essenza da un senso molto più ampio al concetto di vita, spiega la nostra funzione terrena e il motivo per cui siamo qui ora.

Difficile compiere questo percorso, poiché la materia domina ogni sfera sociale e ne siamo vittime e complici ogni giorno. Ma in questa dualità, se il Bene e il male possono essere visti con gli occhi dell’osservatore, senza dover necessariamente entrare all’interno, ci si rende conto che sono la manifestazione naturale di qualcosa che esiste ed è sempre esistito. Esiste per farci comprendere che dobbiamo guardare oltre, accettare queste manifestazioni, perché necessarie a far comprendere e a far evolvere l’uomo, a rendere consapevole l’umanità che l’obiettivo è l’Unità, nella quale in dualismo scompare, nella quale siamo Bene assoluto, senza condizioni, senza opposti e senza compromessi.