26 luglio 2007


Piango

Apro gli occhi di colpo, osservo il soffitto. Non riesco a mettere a fuoco, il sudore freddo mi fa rabbrividire. Resto immobile. Ascolto. Immobile percepisco i rumori. Sembra una volante, sembra una sirena. Qualcuno sta controllando la strada, sento bambini che urlano in casa, non posso uscire. Li fuori ci sono i megafoni che comunicano le istruzioni. Non posso uscire di casa. Non posso leggere, leggere è vietato. Non posso avere abiti colorati, i colori favoriscono un modificato stato di umore. Sono fermo. Osservo la mia stanza, bianca, inodore. Non posso aprire le finestre, non posso parlare con i vicini. Aspetto la camionetta nera che mi porterà a lavoro. Non posso parlare con nessuno durante il tragitto. Non posso toccare nessuno. Indosso una divisa grigia, indosso occhiali neri. Non posso avere capelli lunghi. Arrivo a lavoro. Sono solo. Devo eseguire procedure davanti ad un monitor. Oggi il pranzo è scarso, solo 3 pillole nere. Dovrò aspettare sera per averne altre 4. Non posso ammalarmi, la malattia non mi consente di lavorare. Devo produrre. Devo lavorare. Non posso pensare, non posso muovermi. Passano 8 ore. Torno a casa con la camionetta. La mia famiglia è su sedie nere, immobile. Li vedo assenti, come morti viventi. Nessuna espressione, nessuna emozione. Attendo uno sguardo. Nessuno sguardo. Mi siedo, non posso uscire. Non posso leggere, non posso scrivere, scrivere è vietato dalla legge. Prendo le mie pillole, torno in camera, mi stendo, guardo il soffitto. Tutto è uguale a prima. Domani devo presentarmi scortato alla visita di controllo. Prenderò il farmaco per non ammalare, il farmaco per non avere fame, il farmaco per non ricordare, il farmaco per non sentire il dolore, il farmaco per non pensare, il farmaco per non morire. Devo andare alla visita, altrimenti perderò il lavoro. Non ho stipendio. Devo lavorare per non essere incarcerato. Guardo il soffitto. Cerco di immaginare il cielo. Non vedo il cielo da anni, non vedo un tramonto, non vedo un albero.

Immagino e piango. Piango. Piango. Piango. Mio figlio strilla, vuole giocare. Giocare fuori casa è proibito. Gli altoparlanti in strada comunicano la fine della giornata. Ora non si può parlare. Guardo il soffitto. Prego di morire. Prego di morire presto, ma non posso. Morire prima di novanta anni è reato. Il governo mondiale mi ha dato una casa, un lavoro, una famiglia, una assistenza sanitaria. Non ho bisogno di nulla. Vomito. Piango. Piango. Piango. Piango. Piango. Mi addormento.

Mi sveglio sudato, era solo un brutto sogno.
O forse no?